L’importanza del diario paziente in terapia Intensiva.

Un giusto ricordo aiuta il paziente ad elaborare meglio il trauma dopo la dimissione dalla terapia intensiva.

L’uso di un diario, redatto dal personale sanitario o dai familiari aumenta l’empatia verso il paziente che è stato ricoverato in terapia intensiva e lo aiuta a superare i sintomi di disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Come nasce il Diario Paziente?

Negli scorsi articoli abbiamo rilevato come i pazienti che sono stati sedati e ventilati meccanicamente spesso hanno bisogno di riflettere retrospettivamente sulla loro esperienza di malattia acuta.
Negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro che molti pazienti soffrono di incubi e stress legati al loro tempo nell’unità di terapia intensiva (ICU).

Infatti i sopravvissuti in terapia intensiva descrivono ricordi e sogni che non sono in grado di comprendere e che spesso portano a una riduzione della loro qualità di vita.

I pazienti hanno anche descritto sintomi di disturbo da stress post-traumatico (PTSD) simili a quelli vissuti da vittime di guerra, disastri naturali e incidenti gravi. I sintomi di PTSD includono attacchi di panico altrimenti inspiegabili e ricorrenti, depressione, paura, tristezza, dolore o flashback mentali/fisici in cui vengono rivissuti ricordi irreali.

Per far fronte a questo, sin dai primi anni ’80 del secolo scorso, Regno Unito, Scandinavia e altri paesi europei, hanno esplorato il diario paziente come una soluzione a basso costo per migliorare la qualità della vita dopo malattie acute e ventilazione meccanica.

Le annotazioni nel diario di terapia intensiva vengono effettuate dagli infermieri e in alcuni paesi anche dai parenti durante la degenza del paziente. In altri paesi i parenti sono incoraggiati a scrivere diari separati.

Che linguaggio usare nel diario?

Il diario è scritto nel linguaggio quotidiano e contiene annotazioni giornaliere sullo stato attuale del paziente e descrizioni di situazioni e ambienti in cui il paziente potrebbe trovare riconoscimento.

Il testo è spesso supportato da foto e disegni a mano libera. Viene scritto direttamente per il paziente, utilizzando uno stile empatico e riflessivo e una comunicazione terapeutica.

Tale pratica è stata impiegata per la prima volta in Danimarca negli anni ’80 cui anno fatto seguito Svezia e Norvegia. Dagli anni ’90, i diari dei pazienti in terapia intensiva sono utilizzati nel Regno Unito e da allora vengono utilizzati anche in Svizzera, Germania, Italia e Portogallo.

Umanizzazione della Terapia Intensiva

Le restrizioni imposte dalla pandemia da COVID-19, hanno segnato soprattutto per ragioni organizzative, una generale battuta d’arresto all’uso del diario anche se non è stato così per la consapevolezza e la cultura dell’umanizzazione della terapia intensiva, che gioco forza, si è invece rafforzata.

La medicina post covid moderna, è infatti sempre più orientata alla personalizzazione dei percorsi clinici e alla partecipazione attiva dei pazienti, al fine di ottenere il miglior risultato di salute possibile, definendo così il paradigma del “paziente al centro” (e non la sua malattia).

Il Diario Paziente migliora la comunicazione con i familiari

Infatti, studi qualitativi anche recenti, mostrano che pazienti e parenti generalmente accolgono favorevolmente il diario. Il diario consente ai pazienti di valutare il loro recupero e migliora la comunicazione con le loro famiglie, divenendo altresì uno strumento a sostegno dei protocolli di follow-up e comunicazione tra ospedale e paziente.

Il diario ha quindi la potenzialità di svilupparsi in una piattaforma di ingaggio con il paziente nelle fasi pre/post ospedalizzazione non solo riguardo alla terapia intensiva ma anche in relazione al ricovero in altri reparti.

E se fosse anche uno strumento di prevenzione?

Oltre a ridurre l’incidenza di depressione, ansia e PTSD per pazienti e parenti tale piattaforma può anche divenire strumento di prevenzione, cura e riabilitazione a fondamento della ”patient experience” che si realizza nel processo di relazione, fino alla soddisfazione e alla generazione della fiducia, alla base del rapporto medico-paziente.